venerdì 13 marzo 2009

Care studentesse della classe quinta e caro Matteo (eheh),
riporto qui sotto il brano di Montale, relativo alla scrittura di Ossi di Seppia, che questa mattina abbiano analizzato in classe. Come vi ho detto, la fonte è il manuale di Luperini - Cataldi.
***
Scrivendo il mio primo libro […] ubidii ad un bisogno di espressione musicale. Volevo che la mia parola fosse più aderente di quella degli altri poeti che avevo conosciuto. Più aderente a che? Mi pareva di vivere sotto ad una campana di vetro, eppure sentivo di essere vicino a qualcosa di essenziale. Un velo sottile, un filo appena mi separava dal quid definito. L’espressione assoluta sarebbe stata la rottura di quel velo, di quel filo: un’esplosione, la fine dell’inganno del mondo come rappresentazione. Ma questo era un limite irraggiungibile. E la mia volontà di aderenza restava musicale, istintiva, non pragmatica. All’eloquenza della nostra vecchia lingua aulica volevo torcere il collo, magari a rischio di una controeloquenza.

Da E. MONTALE, Intenzioni. Intervista immaginaria, in Sulla Poesia, a cura di G. ZAMPA, Milano, Mondadori 1976

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